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Omicidio Meligarana, l’inchiesta coinvolge la malavita cassanese ​

 

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Lambisce e coinvolge la malavita cassanese l’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari che ieri ha portato in carcere cinque persone, nell’ambito dell’omicidio di Cosimo Meligrana, 45 anni, assassinato la sera del 19 febbraio 2016 all’interno di una sala slot a Gioia del Colle.

Tra gli arrestati, infatti, c’è anche Ottavio Di Cillo, pluripregiudicato cassanese, che secondo l’accusa nel 2015 avrebbe partecipato ad una rapina a mano armata – con la vittima – ai danni del presunto mandante dell’omicidio, un narcotrafficante di Gioia del Colle, Amilcare Monti Condesnitt.

Le indagini, condotte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri e coordinate dalla DDA, hanno permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli arrestati, tra cui alcuni appartenenti al clan Di Cosola, attivo nel capoluogo e in provincia.

Dietro il delitto si nasconderebbe un intreccio di vendette personali e interessi criminali legati alla guerra tra i clan Di Cosola e Strisciuglio, che in quegli anni si contendevano il controllo delle piazze di spaccio nel capoluogo pugliese. Alcuni esponenti dei Di Cosola, costretti a lasciare il quartiere San Pio di Bari a causa della pressione della fazione rivale, avrebbero trovato rifugio proprio a Gioia del Colle, nell’abitazione del gioiese. Quest’ultimo, già vittima di un’aggressione e di una rapina, avrebbe offerto ai malviventi armi, stupefacenti e supporto logistico, chiedendo in cambio di eliminare Meligrana, ritenuto responsabile di reiterate minacce e richieste di denaro.

Gli inquirenti collocano l’origine del conflitto nel 2014, quando Meligrana avrebbe iniziato a estorcere denaro al cognato di uno degli arrestati. Dopo un primo tentativo di accordo fallito, la tensione sarebbe sfociata in una serie di atti di violenza. Il 1 agosto 2015 l’uomo avrebbe ordinato un’azione intimidatoria contro una pompa di benzina riconducibile a un parente di Meligrana. La risposta non si fece attendere: nella notte tra il 2 e il 3 agosto, la vittima, insieme a Di Cillo, vicino al clan Parisi, avrebbe fatto irruzione nella casa del giostraio, ferendolo con diversi colpi al fianco e alle gambe e portando via una pistola Magnum 357 usata per difendersi.

Dopo questo scontro, i due si sarebbero incontrati nuovamente per cercare una tregua, ma anche il secondo accordo sarebbe stato infranto da Meligrana, che avrebbe continuato a esercitare pressioni economiche sul rivale. Fu allora che, secondo le accuse, l’uomo avrebbe deciso di ucciderlo, chiedendo aiuto al clan Di Cosola, interessato a ottenere armi e droga in cambio dell’esecuzione.

Il piano venne messo in atto la sera del 19 febbraio 2016, quando Meligrana fu raggiunto e ucciso nella sala slot. L’agguato, spiegano gli investigatori, rappresentò il punto di svolta di una faida criminale intrecciata tra il Barese e l’entroterra murgiano, con motivazioni economiche e mafiose.

In carcere, assieme a Di Cillo, sono finiti anche Giuseppe Cacucci, Vito Monno e Antonio Saponaro mentre la misura cautelare ha raggiunto il presunto mandante dell’omicidio, Amilcare Monti Condesnitt direttamente in carcere, dove sta scontando una condanna definitiva per traffico di droga a 17 anni e 4 mesi di reclusione.

 

 

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