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Nicola Mastroserio e il Simbolo Universale della Vita ​

 

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di Ann W.

Nicola Mastroserio non insegue le tendenze. Non asseconda la fame di mercificazione del mercato dell’arte. Al contrario, persegue qualcosa di più profondo: un’esplorazione della realtà che resiste alle risposte facili. Il suo lavoro è una meditazione sull’esistenza, un interrogarsi silenzioso ma persistente sulla natura della vita, dell’intelligenza e delle forze invisibili che plasmano il nostro mondo. Nei suoi dipinti non c’è alcuna preoccupazione per lo spettacolo, nessun cenno alla moda. Ciò che conta è la chiarezza della visione e la convinzione incrollabile che l’arte possa racchiudere valori che trascendono l’economia. Dipinge perché deve farlo, perché crede nell’arte come veicolo di verità e connessione umana. Questa convinzione lo contraddistingue. Spiega anche perché il suo lavoro non è sempre facile, ma sempre necessario. Per Mastroserio, la tela non è una merce, è un luogo dove possono prendere forma domande di pace, amore e fratellanza.

[08:44, 07/10/2025] Giusi: Il “Simbolo universale della vita” di Mastroserio non è solo un dipinto. È inteso come un segno, un indicatore, un dono. L’opera è un olio su tela, 100 x 100 centimetri, di forma quadrata e bilanciata nell’intento. Egli la descrive come qualcosa nato dal suo cuore, realizzato non per sé stesso, non per i collezionisti, ma per l’umanità. Questo basta a distinguerla in un mondo in cui tanta arte è fatta per essere acquistata, posseduta e scambiata.

Il simbolo è concepito come un punto di unione. Il suo scopo è quello di riunire tutti gli esseri umani sotto un unico riconoscimento: che la vita è il nostro bene più prezioso. Mastroserio ne parla come di un chiaro riferimento per il futuro dell’umanità, un appello alla pace, all’amore e alla fratellanza senza distinzioni. In un’epoca in cui la divisione domina spesso i titoli dei giornali, quest’opera insiste sull’universalità. Insiste sul fatto che l’umanità, in tutti i suoi stati frammentati, può ancora essere un unico popolo.

Il dipinto ha un profondo significato etico. Mastroserio non parla dell’arte come qualcosa di separato dalla vita. Per lui, le due cose sono intrecciate. Descrive il “Simbolo Universale della Vita” come una protezione, una sorta di scudo offerto gratuitamente a ogni essere umano. Il suo valore non sta nel prezzo, ma nella sua capacità di ricordarci la nostra unicità e universalità condivise. Ha persino dichiarato che l’opera è di dominio pubblico, non in vendita. Questo è il suo dono, la sua offerta, un rifiuto di partecipare alla mercificazione.

[08:44, 07/10/2025] Giusi: Questa scelta ha un costo. Mastroserio riconosce le difficoltà che lui e la sua famiglia devono affrontare rifiutando di vendersi al mercato. Parla apertamente dei sacrifici: vivere senza sicurezza finanziaria, affrontare difficoltà quotidiane, eppure rimanere fedeli alla convinzione che l’amore e l’umanità valgano più del denaro. Questa onestà è intessuta nel tessuto dell’opera. Non è solo un simbolo di vita, ma un simbolo di impegno.

Il “Simbolo universale della vita” è anche di natura collettiva. Mastroserio insiste sul fatto che non è il prodotto di un individuo isolato. Piuttosto, è un processo che coinvolge tutta l’umanità. Lo immagina come un gesto univoco, una linea tracciata che chiama ogni persona a collaborare, a lavorare insieme come un unico popolo universale. Questa posizione collettiva si riflette nella sua descrizione del futuro. Parla dell’umanità come di una “futura civiltà cosmica”, estendendo il significato del simbolo oltre i confini, le nazioni e persino il momento presente. È un’arte rivolta non solo al presente, ma anche al futuro.

Per molti versi, l’opera è in contrasto con gran parte dell’arte contemporanea. Non ricorre all’ironia o alla critica. Non mira allo spettacolo o allo shock. Al contrario, cerca qualcosa di più antico, qualcosa di elementare. I simboli sono sempre stati il modo in cui l’umanità ha compresso idee vaste in forme che possiamo afferrare, ricordare e condividere. Il contributo di Mastroserio è quello di offrire un simbolo non di una tribù, non di una nazione, ma di tutta la vita.

 

 

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